Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XX – 11 novembre 2023.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Autismo: SYNGAP1 associato ad ASD
ha funzione non sinaptica nella neurogenesi corticale.
Le varianti genetiche rare associate ai disturbi dello spettro dell’autismo (ASD)
sono in genere geni implicati nella funzione sinaptica. Birtele e colleghi
hanno accertato che SYNGAP1, un “top risk gene” per l’autismo, ha
funzione non sinaptica nella neurogenesi della corteccia cerebrale. [Cfr. Nature
Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-023-01477-3, 2023].
Autismo e cancro: le mutazioni di PTEN
costituiscono un elemento comune nell’uomo. Le mutazioni
che causano la perdita dell’attività della fosfatasi lipidica PTEN possono promuovere
il cancro, tumori benigni e disturbi dello sviluppo neuroevolutivo (NDD). Hynbum
Jang e colleghi hanno accertato come le mutazioni di PTEN influenzano il sito
catalitico e l’attività catalitica. Le mutazioni causanti NDD sono più deboli.
L’espressione prenatale di isoforme di PTEN indicano gli esoni 5 e 7, che
ospitano le mutazioni NDD, quali portatori del rischio di cancro. Poiché il
cancro richiede più di una singola mutazione, l’analisi conformazionale e
genomica condotta dai ricercatori consente di capire come le stesse mutazioni
possano supportare manifestazioni cliniche tanto diverse e articolare un ruolo
per mutazioni driver latenti di fondo co-occorrenti; inoltre rivela la
relazione tra l’espressione di isoforme di splicing e l’aspettativa di
vita. [Cfr. Journal
of Molecular Neurobiology AOP – doi: 10.1016/j.jmb.2023.168354, Nov 5, 2023].
La novità ambientale sia prima che dopo
la codifica mnemonica rinforza la ritenzione. Questo effetto
della novità, in particolare su memorie spaziali allocentriche, è
stato dimostrato mediante una stimolazione optogenetica specifica per tipo
cellulare del locus coeruleus, che ha prodotto potenziamento a lento
esordio e ha rinforzato le memorie comportamentali della vita
quotidiana nei ratti. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2307275120,
2023].
La risposta emozionale del ratto all’uomo
è diversa da quella dell’interazione ratto-ratto?
I nuclei dell’amigdala basolaterale e centromediale, rispettivamente, integrano
stimoli indicanti minacce e orchestrano le risposte difensive quando un ratto interagisce
con un conspecifico, ma cosa accade quando sono presi dalla mano di chi si cura
di loro? Anna Kazmierowska e colleghi hanno accertato che si attivano gli
stessi nuclei; e sono gli stessi anche nell’interazione uomo-uomo. [Cfr.
PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2302655120, 2023].
Epilessia e Stress: verso la
comprensione dei meccanismi neurobiologici. Dhanisha J. Jhaveri
e otto colleghi australiani e francesi, attraverso un’accurata rassegna fanno
il punto sulle conoscenze attuali dei rapporti tra meccanismi e processi di
epilessia e stress. L’epilessia influenza la sensibilità ad eventi
stressanti, che accrescono il peso della sintomatologia in termini di
occorrenza e frequenza, e in termini di presenza e gravità di comorbidità psichiatrica
[disturbi d’ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress (PTSD)].
Gli autori illustrano e discutono gli
studi sui complessi rapporti tra epilessia e stress focalizzando l’attenzione
su 1) disfunzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-midollare del surrene, 2)
alterazioni della neuroplasticità all’interno del sistema limbico, 3)
alterazioni in vie neurochimiche, quali quella del BDNF, che legano epilessia e
stress. Dhanisha J. Jhaveri e colleghi discutono criticamente l’approccio
clinico attuale e indicano nuove direzioni di studio e nuove strategie di
intervento clinico. [Cfr. eNeuro – AOP doi: 10.1523/ENEURO.0200-23.2023, Nov.
3, 2023].
Perché il martin pescatore può impattare
il pelo dell’acqua a 40 km/h senza traumi? Splendidi e
spettacolari questi uccelli dalle ali cobalto e turchese col ventre di una
tinta calda e dorata si precipitano in picchiata a una velocità che raggiunge spesso
i 40 km/h, impattando l’acqua e il pesce da predare con un urto in grado di
causare commozione cerebrale e altri danni periferici. Il martin pescatore
tuffatore, negli USA chiamato con l’evocativo nome di diving kingfisher,
è studiato da tempo, ma come faccia a non rimanere tramortito dopo lo schianto
del becco contro la preda rimane un mistero. Un nuovo studio genetico di
Hackett, Eliason e colleghi, analizzando l’intero genoma di 30 esemplari
tuffatori, ha individuato specifici cambiamenti in geni responsabili della fisiologia
del cervello, della retina e dei vasi sanguigni. Ora resta da scoprire il
meccanismo di protezione dalla concussione. [Cfr. Communications Biology 6:
1011, 2023].
Danio striato: definito il piano
molecolare dei moduli per il controllo della velocità nella locomozione.
Irene Pallucchi, Maria Bertuzzi e vari colleghi del Dipartimento di Neuroscienze
del Karolinska Institutet di Stoccolma hanno identificato nel pesciolino da
acquario Danio rerio (zebrafish) o danio striato – una specie
modello per la ricerca neuroscientifica – il piano molecolare dei moduli dei
circuiti neuronici del midollo spinale che controllano le differenti velocità
di locomozione negli animali. La flessibilità nell’uso di differenti pattern
corrispondenti a differenti andature, dalla più lenta alla più rapida, è
regolata da un preciso piano molecolare.
I ricercatori hanno associato la
diversità molecolare dei motoneuroni e degli interneuroni che
generano il ritmo in V2a con l’organizzazione modulare dei circuiti
responsabile dei cambiamenti di velocità nella locomozione. Così hanno scoperto
che la diversità molecolare riflette la specifica compartimentazione funzionale
di questi neuroni in tre sottotipi corrispondenti a tre regimi di progressione:
1) lenta, 2) media, 3) veloce. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-023-01479-1,
2023].
Nuovi studi sulla macroprolattinemia
quale causa di depressione e disturbo del desiderio sessuale.
Livelli alti di prolattina sono associati a disturbi sessuali. La macroprolattinemia,
caratterizzata dalla predominanza di forme di prolattina circolante di alta
massa molecolare, non è ancora bene caratterizzata clinicamente. Un vecchio
studio di Robert Krysiak e colleghi (Endocrine 2016) su 14 donne affette
da macroprolattinemia, confrontate con 14 donne con alti livelli di prolattina
monomerica e 14 di controllo, evidenziava punteggi più elevati nel test per la
depressione nelle volontarie con macroprolattinemia e in quelle con più alti
livelli di prolattina monomerica. Mentre l’alta prolattinemia causava una
disfunzione sessuale multidimensionale, la macroprolattinemia causava solo un
disturbo del desiderio sessuale. Sono in corso nuovi studi in Italia, e
risultati preliminari su tre sole pazienti macroprolattinemiche sembrano
sostanzialmente confermare i risultati del 2016. [BM&L-Italia, novembre 2023].
Un’altra angolazione prospettica nella
critica alla comunicazione dei media. Al seminario sull’Arte
del Vivere è stato osservato, in rapporto alla notula della scorsa settimana (Un’idea
ritenuta autorevole sull’origine dei caratteri della comunicazione mediatica
attuale), che non c’è solo la tesi del vitalismo fra quelle più accreditate
nella critica della comunicazione mediatica, ma da vari osservatori è stata individuata
una causa nel ritorno della società post-moderna ad alcuni caratteri di quella
primitiva.
C’è effettivamente una tendenza recente a
recuperare una spiegazione regressiva dei caratteri della comunicazione
mediatica, come un ritorno a forme primitive di pensiero e azione.
Si tratta di un’ipotesi basata sulla
verosimiglianza per analogia, che trova sostegno nella teoria di Marshall
McLuan, secondo cui la nostra società condivide alcuni caratteri fondamentali
con le società tribali, quali pluricentrismo, implosione, tattilità,
partecipazione, istantaneità. Tali caratteristiche, che
accomunano post-moderni e primitivi, sono l’opposto dei tratti connotativi della
società moderna (XV-XX sec.), che è stata caratterizzata da omogeneità,
esplosività, visività, organizzazione gerarchica, storicità.
A nostro avviso si tratta di una
somiglianza suggestiva, più apparente che reale; infatti, il pluricentrismo
delle società tribali non ha nulla a che vedere con quello delle complesse
società multietniche e multi-culturali, in cui si intrecciano e si combattono
poteri economici e politici, e così gli altri caratteri, fino all’istantaneità
vertiginosa della virtualità digitale globale che non ha alcun rapporto col lento
vivere nel presente dei primitivi. Ma l’idea della comunicazione mediatica come
un ritorno a forme primitive di pensiero e azione era già stata criticata
da Mario Perniola:
Ora per quanto questa interpretazione
sia suggestiva e costituisca il fiore all’occhiello dei fautori della
comunicazione, perché le conferisce un aspetto vagamente antropologico e alternativo,
tuttavia essa rimuove completamente il fatto che la società della comunicazione
massmediatica non potrebbe esistere senza la tecnoscienza, che è proprio un
prodotto di quella società moderna che essa vorrebbe rinnegare.
Sono pertanto orientato a pensare che l’ambivalenza
nelle tre versioni cui ho accennato, schizofrenica, puerile e
neo-primitivistica, non sia una nozione adatta a spiegare il fenomeno della
comunicazione massmediatica. In essa si manifesta non una forma alternativa di
pensiero, qualcosa di completamente differente dal pensiero occidentale, ma
semmai proprio una deviazione e una corruzione di tale pensiero, che sembra
disposto a distruggere sé stesso e le sue conquiste intellettuali, politiche e
sociali pur di evitare di compiere nuovi passi[1].
Per la nostra opinione, che riconosce la
complessità della genesi dei caratteri, rinviamo alla lettura della citata
notula della scorsa settimana. [BM&L-Italia,
novembre 2023].
È il mondo degli stolti quello in cui
viviamo oggi, secondo Seneca. Infatti, il filosofo
di Cordova considerava una stoltezza riporre il valore nelle cose, nelle
apparenze, nelle forme, nelle convenzioni, nella ricchezza e nei suoi simboli.
Il valore è nell’uomo, e il saggio è colui che lo amministra e lo
gestisce nel migliore dei modi. Il villano, prototipo della persona rozza, trae
valore dalle cose, così come il signore, prototipo della persona che ha
signoria di sé, conferisce valore alle cose. In cima alla scala dei valori, per
Seneca, c’è la virtù.
Lo stesso esercizio paradigmatico del
giudizio morale, che definisce nelle circostanze della vita ciò che è bene e
ciò che è male, dipende dalla virtù della persona che interpreta la circostanza
vissuta e non dalla circostanza in sé. In quello che Giovanni Reale definisce
il testo che ha la portata di un manifesto programmatico del pensiero di Seneca,
leggiamo:
“E allora?”, domandi, “È lo stesso
starsene sdraiati ad un banchetto ed essere torturati?”.
Ti sembra strano? Dovresti meravigliarti
maggiormente di questo: starsene sdraiati ad un banchetto è un male, essere disteso
su un cavalletto di tortura è un bene, se là ti comporti in modo vergognoso e
qui in modo virtuoso. Non è la materia, ma è la virtù a rendere questi beni o
mali; ovunque essa si manifesti, tutto diventa della stessa grandezza e dello
stesso valore[2].
Anche se mai nella storia vi sono state
società così eterogenee e varie come in quest’epoca post-moderna, sembra che la
stragrande maggioranza della popolazione attiva nella vita sociale sia
accomunata da atteggiamenti improntati a un materialismo utilitaristico privo
di qualsiasi slancio ideale o profondità spirituale. E sembra che, perdendo la
concezione stessa della stima di valori non materiali, si sia perso del tutto
ogni riconoscimento della virtù, sia quella morale intesa secondo la
concezione giudaico-cristiana, sia quella costituita dall’eccellenza in un’abilità,
secondo la concezione greco-romana. Se “non si crede più nella virtù”, tanto da
farla scomparire dalle discussioni sull’uomo, si è privi dell’elemento principe,
secondo Seneca, per l’attribuzione del valore.
L’uomo che non va oltre il perseguimento
del proprio interesse materiale e non comprende il valore ideale, non è in
grado di riconoscere il bene e non lo compie e, come lo stolto della Bibbia,
non si accorge che il male è già nell’assenza di bene. [BM&L-Italia, novembre 2023].
Notule
BM&L-11 novembre 2023
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